questa mattina leggendo dal sito http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/09/09/news/papo_yo-41539886/
rimango affascinata dalla storia di Vander Caballero, il quale ha prodotto a basso budget un videogame per consolle autobiografico:
il protagonista è QUICO è un bambino sfortunato. Ha un padre indifferente, raffigurato come una sorta di rinoceronte,
che a tratti s'accende di furia e lo massacra di botte. Ma è anche un bambino dotato di poteri straordinari: può muovere e manipolare le architetture della favela di Bogotá dove è nato e cresciuto.
E riesce a viaggiare al suo interno come fosse uno sciamano fra gli spiriti, comandando a bacchetta lamiere, tubi e murales.
EccoPapo & Yo, gioco nato dal dolore di un ex ragazzino dall'infanzia difficile. Uno che, ad anni di distanza, ha deciso di raccontare quel calvario attraverso un videogame onirico e fuori dal coro. Dal punto di vista ludico, l'arrivo di Mostro determina solo un cambiamento degli schemi e della struttura di gioco; è intimo, e personale, e dimostra chiaramente che il software è un media infinitamente plastico, e può raccontare storie di vita e trasformarle in mondi interattivi. Ma è anche un gioco che si dedica solamente a chi è disposto ad ascoltarlo.




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